Il lungo viaggio delle ceneri di Pirandello

Sia lasciata passare in silenzio la mia morte. Agli amici, ai nemici preghiera non che di parlarne sui giornali, ma di non farne pur cenno. Né annunzi né partecipazioni. Morto, non mi si vesta. Mi s’avvolga, nudo, in un lenzuolo. E niente fiori sul letto e nessun cero acceso. Carro d’infima classe, quello dei poveri. Nudo. E nessuno m’accompagni, né parenti, né amici. Il carro, il cavallo, il cocchiere e basta. Bruciatemi. E il mio corpo appena arso, sia lasciato disperdere; perché niente, neppure la cenere, vorrei avanzasse di me. Ma se questo non si può fare sia l’urna cineraria portata in Sicilia e murata in qualche rozza pietra nella campagna di Girgenti, dove nacqui”.

Con queste precise istruzioni, Luigi Pirandello, lasciò questo mondo il 10 dicembre 1936 all’età di 69 anni. Eppure ci sarebbero voluti 15 anni perché le sue ceneri arrivassero a destinazione.

Quel viaggio viene in parte ricostruito nel nuovo film di Paolo Taviani, Leonora addio, che alla Berlinale appena conclusa ha vinto il premio Fipresci, e che arriva nelle sale il 17 febbraio.

Il primo film diretto dal regista dopo la morte del fratello Vittorio, con il quale aveva fatto coppia dietro la macchina da presa per tutta la vita.

Un film diviso in due parti – la prima , in bianco e nero, sul viaggio delle ceneri, la seconda, a colori, sull’ultimo racconto di Pirandello scritto venti giorni prima di morire, Il chiodo. Legate fra di loro da una logica interna che il regista individua nel “grottesco”: “Il grottesco delle ceneri sballottate dal caso e dalla stupidità umana pare uscito dalla stessa penna di Pirandello: il paradosso, il ridicolo che scivolano nell’assurdo. Come assurdo è il furore tragico di Il chiodo”, dice Paolo Taviani.

Di più non ha voluto spiegare. Ma il film sembra un altro tassello, forse l’ultimo, di una narrazione cominciata più di cinquant’anni fa anni con il fratello. Insieme, da I sovversivi del 1967, hanno per lo più raccontato “quadri” della storia italiana del Novecento.

E insieme avevano già “frequentato” Pirandello. In Kaos, del 1984, tratto da Novelle per un anno e in Tu ridi, del 1998 (Ma i 15 minuti del terzo episodio del film, sulla prima al Teatro Valle di Roma di Sei personaggi in cerca d’autore vennero tagliati contro la volontà dei due registi).

Oltre che, evidentemente, un racconto sulla morte, sulla necessità di una fine che, nel caso di Pirandello, arriva a chiudere un’esistenza vissuta in funzione della narrazione. Entrambe le cose, forse, altrettanto “assurde”.

Il film, infatti, si apre con i filmati di repertorio della cerimonia di consegna del Nobel per la letteratura a Pirandello, nel 1934. Il commento fuori campo, però, è tutt’altro che celebrativo: “Il dolce della gloria non può compensare l’amaro di quanto è costata”.

Segue l’odissea delle ceneri che, a Roma, vengono prese in consegna da un funzionario siciliano (Il meraviglioso Fabrizio Ferracane) e che dovrebbero volare su un aereo americano direttamente da Roma a destinazione e che, invece, finiscono per viaggiare in treno.

Una lunga sequenza quella del viaggio su rotaia che drammatizza un tema che corre sotto traccia per tutto il film: la coesistenza fra la morte e la vita. Insieme nel vagone, ci sono la cassa che contiene le ceneri illustri e un gruppetto di viaggiatori, impegnati a mangiare, fare sesso e giocare a carte. Inconsapevoli di quella “presenza ingombrante”. Altrimenti si comporterebbero come le persone che poco prima avevano rinunciato a a volare in aereo pur di non respirare la stessa aria del morto.

In fondo, il presupposto per vivere sta in questa “sospensione della credulità”: agire come se la fine non ci riguardasse, come se un confine solido ci separasse dalla marcescenza o dal fuoco. O, persino, dalla volontà di ciò che ci circonda e che può decretare la nostra morte in qualunque momento.

Proprio quello che accade ne Il chiodo del racconto e della seconda parte del film: un pezzo di ferro appuntito “cade apposta” affinché Bastianeddu, ragazzino siciliano emigrato a Brooklyn, lo possa raccogliere e uccidere una bambina.