La vita dell’uomo più divertente al mondo

Nella pazza storia del nostro mondo esiste un prima e un dopo Mel Brooks. L’uomo che seppe prendersi gioco di tutti, diventando re e messia, ha dettato un nuovo tempo e spazio per il cinema: il momento e l’efficacia di una grande e grossa risata.

E se il citazionismo con le sue battute ha cresciuto più di una generazione di spettatori, l’impero di quello che era solo un povero ebreo di Brooklyn, si è esteso negli infiniti tributi dei film e delle serie tv successive.

Se per Homer Simpson è una “leggenda” e per Rupert Pupkin, personaggio di Robert De Niro in Re per una notte, è “un creatore di comicità” mentre “gli altri sono semplicemente dei comici”, Lorelai Gilmore confessa che Mel Brooks sarebbe l’unico uomo ad essersi guadagnato il diritto di vedere stampato il proprio ritratto sul suo culo, perché diciamoci la verità: “quell’uomo si merita il meglio”.

Così, a 95 anni compiuti, con un pensionamento da veterano EGOT – uno dei pochi artisti ad aver ricevuto in vita tutti e quattro i premi Emmy, Grammy, Oscar e Tony – il regista che ha costruito il suo regno dal niente per arrivare in cima alle colline di Hollywood, decide di confessarsi e di consegnare il suo quasi secolo di storia alle pagine di un’autobiografia, Tutto su di me! (La Nave di Teseo, traduzione di Alice Arecco, pp. 610, 22 euro).

E se l’impresa poteva intimorire e apparire titanica, Mel Brooks non esagera a promettere il “tutto” del titolo: dai pranzi con Alfred Hitchcock che lo chiama “ragazzaccio al cappotto regalato a un giovane e inesperto David Lynch durante le riprese di The Elephant Man.

Dai racconti di Billy Wilder sul funerale di Ernst Lubitsch agli incontri fondamentali con Gene Wilder e Marty Feldman, Brooks regala l’intero universo di attori, registi, sceneggiatori, produttori, l’ossessione che ha da sempre dominato la sua esistenza: il cinema.

Perché non c’è biografia di Mel Brooks che non possa che coincidere con il racconto della crescita professionale e la lavorazione dei film. Lasciando poco spazio al privato – se non la tragicomica narrazione dell’infanzia da famiglia ebraica di origine russa, simile a quella descritta da Woody Allen in A proposito di niente (sempre La Nave di Teseo), la partecipazione alla seconda guerra mondiale e l’incontro con Anne Bancroft – in Tutto su di me! l’intimo elegantemente si eclissa ed è il trattamento dei film a dettare i ritmi.

Seguendo la meccanica dell’intuizione che porta alla scrittura, della transazione con produttori e distributori per arrivare alle magie del girato, montaggio e debutto, i capitoli della vita di Mel Brooks scorrono con la velocità e l’energia della Hollywood degli anni Settanta, un libro di avventure di Jules Verne che sembra non esaurirsi mai.

Mel Brooks nel 2006 a Roma per la promozione del remake del film “The Producers”

Un “viaggio straordinario” tra i set, i ristoranti per firmare contratti e le trasferte all’estero, come il periodo trascorso nella Jugoslavia del maresciallo Tito per girare Il mistero delle dodici sedie: “Se vi preparate a girare un film, ecco qualche consiglio: non portatevi carretti trainati da cavalli, ne hanno un mucchio. Per quanto riguarda i mezzi di trasporto, non è possibile andare a fare un giro il sabato sera perché la macchina la prende sempre Tito: era lui, infatti, a possedere l’unica macchina presente in Jugoslavia a quei tempi, una Dodge verde del 1952”.

E per ogni capitolo, un unico minimo comune multiplo: Uno dei problemi più grossi che incontrai durante le riprese fu il fatto di dover spesso girare una seconda volta una scena perché la troupe non riusciva a trattenersi dal ridere.

Eppure, oltre la carrellata infinita di effetti sorpresa – da Orson Welles, voce narrante per La pazza storia del mondo, che spende l’intero compenso per pregiati sigari cubani e il miglior caviale Beluga sul mercato, all’unica litigata con Gene Wilder durante Frankestein junior per la scena danzante su Puttin’on the Ritzl’autobiografia non si esaurisce in una celebrazione autoironica del proprio vissuto, ma dispensa consigli utili, applicabili non solo a chi vuole far parte della giostra cinematografica.

Mel Brooks non dimentica mai di mettere in guardia i più giovani dalle tentazioni dei risultati facili – “È lì che devi imparare la lezione più importante: non dare mai al pubblico quello che si aspetta!”- , dall’importanza di saper accettare le sconfitte – Fallire è vitale. È un fattore determinante nell’equazione che avrà come risultato la tua carriera– e soprattutto, di avere un’unica regola fondamentale: “Quello che faceva ridere noi, avrebbe fatto ridere tutti”, perché vengono “prima le risate, poi tutto il resto.

Ecco l’imperativo categorico, l’unica legge valida nell’impero di Mel Brooks: si può ridere di tutto. Per non avere paura di niente, per distruggere la devozione ma non il rispetto, e per allenare l’insubordinazione e il senso critico.

Perché, come afferma Martin Scorsese: “nei film di Mel non si sa mai che cosa può accadere. I confini tra ciò che è divertente e ciò che non lo è affatto in qualche modo sfumano o cadono. Mel attraversa quei confini con una risata, possiede uno spirito anarchico ma un cuore d’oro”.

Tutto su di me!, come una moderna Torah ebraica si divide in insegnamenti e racconti, scivolando nel caos organizzato che è la comicità e la vita di Mel Brooks.

Un uomo e un re che ha capito la serietà, soprattutto dei giochi più preziosi, come il cinema e i suoi generi. Per lasciarci forse l’insegnamento più grande di tutti: se un produttore vi dice di tagliare una scena, fategli sì con la testa e poi dimenticatelo.